Lydia ThomsonDress Up Fashion 

Le donne e il burlesque. Intervista a Tamara Monti

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1870

Una sera, nella seconda metà dell’Ottocento, si udirono dei passi di donna attraversare la strada, quasi Burlesquedi fretta, quasi per caso. Era agghindata in modo singolare, non comune alla quotidianità, e si accingeva nel teatro dove lei era la protagonista della serata, ma si fermò, fissò la locandina e fece un sospiro profondo. Non sapeva a cosa stava andando incontro, a cosa lei sarebbe diventata, ma era lì per scoprirlo, così mise un piede davanti all’altro, lasciò fuori le preoccupazioni ed entrò.
Percorse il lungo corridoio a passo svelto, sapendo del lieve ritardo, ed arrivò alla porta udendo lo schiamazzare delle ballerine. Si tolse la giacca, in fretta e furia, e si mise a sedere davanti alla sua toeletta fissando la sua immagine riflessa. Aveva le guance arrossate per il freddo sulla sua carnagione diafana e gli occhi che sussurravano la sua agitazione. E poi successe qualcosa, vide la sua immagine cambiare, quella donna piena di preoccupazioni svanì e si trasformò nella protagonista dello spettacolo. Sorrise, finì di prepararsi e una volta pronta andò dietro al sipario. Lei era tutto ciò di cui aveva bisogno. Lei ed il burlesque. Vide la tenda muoversi, si mise in posa e sussurrò a se stessa: “Si va in scena”.

2015

Arrivò sfrecciando con la sua panda in mezzo al traffico. Non aveva tenuto conto che quelle macchine fossero lì proprio per lei e che, quindi, aveva fatto tardi, come sempre.
Scese di corsa e prese il vestito insieme alle sue Baby Jane, che faticò a trovare in mezzo al caos, e cominciò a correre. Non lo faceva solo per il ritardo, no, ma anche e soprattutto per se stessa. Il fiato era corto, le dolevano le gambe, insieme al petto, ma correva perché sapeva che era fatta per non fermarsi, che era fatta per essere libera. Non doveva smettere, non voleva smettere.
Arrivò al suo camerino, chiuse la porta a chiave, si vestì e si truccò, in tutta fretta, e poi restò immobile davanti allo specchio.
Prima di ogni grande spettacolo, che sia pubblico o privato, una donna ha sempre bisogno di cercare se stessa, ha bisogno del suo essere messo a nudo per impersonare qualcuno di diverso da lei, qualcuno di “non fragile”, perché tutte in fondo lo siamo, e, riconoscerlo, a volte, non è così facile.
Guardò i suoi occhi, mise a posto un merletto e sorrise. Il sorriso di chi vince. Corse dietro al sipario, fece un respiro profondo e si mise in posa, sussurrando al mondo, lei compresa: “Si va in scena”.

STORIA

La donna è un’opera d’arte e forse è questo che Lady (Laura) Henderson, ricca vedova, ha cercato di dirci nel corso della sua storia, col film “Lady Henderson presenta”, quando mise delle donne nude sul fondo della scena, e nel corso di essa è rimasta tale. Certo è che non si può dire lo stesso del Burlesque. Nel corso degli anni quest’arte ha avuto alti e bassi. Inizialmente nata come intrattenimento per uomini facoltosi, facendo più satira che spettacolo, finì per essere esattamente il contrario, più spettacolo che satira. Di conseguenza svanì completamente nei teatri, dando vita, per puro caso, grazie a Mae Dix allo striptease. Tornò poi piena di vita nel 900 con il neo-burlesque e fece di nuovo parlare di sé, smarrendosi per poi rinascere.
Fecero spettacoli teatrali, televisivi, musicali, film; nacquero i nightclub, il vaudeville ed il cabaret, insiemi più piccoli del burlesque, e anche la pornografia (soft porno ai tempi), ma non solo. Infatti, per chi pensasse che è un’arte come un’altra per spogliarsi, dovrebbe venire a conoscenza del fatto che le performer che vogliono raggiungere lo scopo vero del burlesque devono arrivare a livelli di “sapere” pari alle geishe, quindi devono studiare in vari settori: mimica, storia del costume e del trucco, tip tap, charleston, jazz, recitazione. Questo creò ben pochi nomi che rimasero incisi nella storia, tra cui ricordiamo: Little Egipt, Lidya Thompson, Mae Dix, Marilin Monroe, Dixie Evans, Bettie Page, Dita Von Teese, Tigger (uomo) e Dirty Martini.
Quest’ultima ha riscosso un grande successo ed è stata il “punto fermo” di molte donne, insegnando loro ad amare i propri difetti. Questo ce lo racconta una ragazza che non solo era una sua alunna, ma che ora è l’insegnante di quelle che fino a ieri non credevano in se stesse, Tamara Monti.

Tamara Monti1) Partiamo dalle origini come abbiamo fatto con la storia in precedenza, cos’è per te il Burlesque?

E’ una domanda molto difficile perché il burlesque ha sempre fatto parte della mia vita. Mia mamma era un’attrice e io ho sempre vissuto nei teatri. Ho cominciato con la danza classica e quando ho visto che non ero più portata a fare ciò, a causa del mio fisico, mi sono convinta di poterla inserire in qualcosa di più grande, come il burlesque. Quando ho iniziato a battermi per far sì che si conoscesse il burlesque, ancora non erano conosciute artiste di un certo calibro come Dita Von Teese, ma ero determinata a portarlo avanti, perché non si tratta di attrici porno ma di donne che riescono a mostrare la seduzione del proprio corpo, ironizzandola e basandola sul “saper fare”. Il Burlesque comprende tutto: la risata, il teatro, il dramma, la costruzione di un atto, di un personaggio che in quei 10 minuti deve distrarre, sedurre e divertire. L’artista del burlesque è la massima espressione della donna ed è ciò che voglio rappresentare.

2) Secondo te, cos’è diventato negli anni? È migliorato o peggiorato?

Il burlesque in questi anni ha avuto diverse tappe. Al giorno d’oggi è diventato più un mainstream, che ha pro e contro.
I pro sono che ha formato molte scuole e che è un modo con cui la donna può riscoprirsi.
I contro è che ciò fa sì che venga semplificata un’arte, fa sì che ogni ragazza possa improvvisarsi professionista. Questo succede soprattutto per colpa dei social con cui adesso si può essere qualsiasi cosa, ma a questo proposito vorrei citare una frase di David Bowie: “Il mondo adesso è pieno di possibilità, ma la possibilità non è sinonimo di mediocre”. Le opportunità te le devi costruire nel modo più alto possibile ed il burlesque è proprio questo: il modo più alto di essere donna.

3) Come abbiamo già detto è Dirty Martini che ti ha fatto da insegnante. Cos’hai appreso da lei, cos’è stata lei per te?

Nel momento esatto in cui io ho cominciato a cercare la vecchia Hollywood nella modernità di oggi, ho avuto l’onore di incontrare questa grande artista, “Dirty Martini”. Lei per me è stata un mentore, mi ha insegnato che la seduzione non è riferita solo ad un tipo di fisicità che la società vuole imporre, ma bensì a tutte quelle donne che vogliono costruire se stesse nel modo più simile a come vorrebbero diventare, non solo usando la parola come metodo di comunicazione, perché, ricordiamoci, è attraverso l’accettazione di sé si può migliorare e si migliora poi, in tutto ciò che si fa. La comicità che c’è nelle artiste burlesque viene proprio da questo, dall’accettazione di sé, nonostante i difetti, perché esse non sono perfette, Dirty Martini non è perfetta ed io non sono perfetta, ma riusciamo comunque ad avere quel sex appeal sugli uomini che molte donne magre, senza difetto alcuno, potrebbero non avere.
Se una donna riesce a farsi percepire come un’opera d’arte, ha già vinto, e sarà lì che smetterà di fare la guerra anche al proprio specchio. Per questo consiglio di intraprendere questa strada, perché è soprattutto un modo di vivere.

4) Che personaggio è Dirty Martini?

Beh, è una delle donne migliori che io abbia mai conosciuto, sicura di sé, è un’insegnante eccezionale e un’amante della vecchia Hollywood alla Marilin Monroe, come me, ma è anche un’imprenditrice che costruisce le sue stesse opere. Un’esempio magnifico è quello in cui mise in scena uno spettacolo riferito all’America, finendo col mostrare le spalle al pubblico, piegandosi e tirando fuori dal sedere una lunga striscia di stelline della bandiera americana. E’ un genio, perché oltre a scherzare su se stessa, lo fa anche con cose che molte non si azzarderebbero neanche a pensare, come la politica. Che dire? Dirty Martini non è una donna, ma LA Donna.

5)Dimmi una delle esperienze che ti sono rimaste impresse, ma, soprattutto, come ti fai chiamare, qual’è il tuo nome d’arte?

Una delle mie esperienze più belle è stata la fiera “American Fun”, organizzata da una donna meravigliosa che ho imparato a conoscere col tempo, Arianna De Giorgi. E’ una fiera a tema americano che appunto tratta anche del burlesque, che si svolgeva a Reggio Emilia. Insieme ad Arianna avevamo lavorato ad un workshop che si svolgeva in due giorni:
1° giorno: trucco e parrucco vintage;
2° giorno: conferenza sulle dive del burlesque e differenza tra quello americano e quello italiano.
È stata un’esperienza bellissima, che rimarrà tra le migliori.
Per quanto riguarda invece i miei nomi d’arte ne ho molti e ognuno di loro racchiude un personaggio diverso, interpretato da me. Tra i più famosi ricordo Norma G. Panettiere, Zucchero Kandisky, Sadie Sogionagon e, ultimo ma non meno importante, Lilly Monroe.

6) Grazie al percorso che hai deciso di intraprendere cosa sei diventata, oggi, Tamara?

Sono una donna che lotta, a volte mi sento più vecchia della mia età e questo perché la vita mi ha messo davanti a tante cose ed il punto fermo è sempre stata la mia femminilità, che per quanto potesse essere presa in giro da chi vede soltanto la superficialità dei media, io sono sicura di chi sono e di chi voglio essere e credo che il burlesque mi abbia insegnato a tramandarlo agli altri. Quello che mi piace fare, più che andare su un palco, è insegnare questa materia, perché insegnarla vuol dire avvicinare ed “allacciare” le donne. Per me il burlesque è riuscire a convincere le donne che si può essere parte di qualcosa di grande con tutti i nostri difetti e grazie ad essi essere ancora più forti.

7) Ultima domanda, cosa successe al tuo primo “debutto”, non tanto per la società quanto per te stessa? Raccontami la prima volta che praticasti il burlesque.

In realtà risale circa a 12/13 anni fa, mia madre era appena morta ed io ero caduta in una forte depressione. Fu un periodo molto difficile della mia vita, ma fortunatamente, nel momento stesso in cui ne uscii, cominciai anche ad accettare il mio corpo che stava piano piano cambiando. Questo è uno dei motivi principali che mi ha fatto lasciare la danza classica.
La prima volta che salii su un palco lo feci per gioco, avevo iniziato a frequentare un’accademia di teatro e tra le materie c’era anche il cabaret strutturato, come viene descritto dalla storia, e proposi un balletto in cui la ballerina si spogliava del tutù e delle sue scarpette per indossare un tacco 12 ed un vestito alla moglie di Roger Rabbit. Da lì presi il mio contatto con un insegnante di striptease e dopo varie peripezie ebbi la fortuna di incontrare le mie insegnanti di burlesque e creare la mia formazione.
Se devo dirla tutta questa arte mi salvò e gliene sarò per sempre grata.

Come abbiamo potuto vedere il burlesque non è mai morto ed abita nelle case di ogni donna.

1870/2015

Il sipario calò, gli applausi erano infiniti, tutti per lei, ma inutilmente, perché lei non c’era più. Le ballerine non la videro andare via, ma si udì un’eco di risata in lontananza che fece capire che lo spettacolo non era finito e che lei era appena entrata in scena.

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